WILLOW PROJECT APPROVATO: BIDEN È AMBIENTALISTA QUANTO SOSTIENE?

A cura di 

Martina Manfredi, Simone Bianco, Chiara Allocca, Ilaria D’Amato, Angelo Franzese, Marco De Simone, Fabrizio Dell’Acqua, Pasquale Mellone

 

Il 14 marzo 2023 il governo Biden ha approvato il Willow Project. 

Cos’è però il progetto che sta allarmando gli attivisti verdi? 

 

Approvato una prima volta nel 2020, nel pieno della presidenza Trump, per poi essere successivamente rifiutato dalla corte del Distretto d’Alaska per “non aver tenuto in considerazione il requisito di offrire la massima protezione dell’ecosistema del Lago Teshekpuk”, il Willow Project vedrebbe, nei prossimi 30 anni, l’estrazione di circa 180mila barili di petrolio al giorno, producendo 287 milioni di tonnellate di CO2 per la totale durata del progetto. 

 

Il progetto è stato accolto benevolmente dai rappresentanti politici dell’Alaska. Le trivellazioni sono di fatti un’importante risorsa economica per lo Stato, e fornirebbero lavoro anche per una parte delle tribù native delle zone remote dell’Alaska.

La Conoco Phillips, prima promotrice del Willow Project, assieme all’amministrazione Biden, dichiarano che il progetto potrebbe fornire almeno diciassette miliardi di dollari al fondo statale dell’Alaska, da usare in infrastrutture e per il benessere delle tribù native.

 

 

Ma nel mondo dell’ipotesi di un passaggio all’energia pulita, il Willow Project non accontenta tutti. Anche se ci vorrebbero anni prima che il progetto possa produrre petrolio, ciò ci costringerebbe ad altri decenni di soggiogazione da parte dei combustibili fossili. 

Nascondendosi dietro la scusa dell’approvazione di soli tre siti di trivellazione al fronte di più di cinque della proposta iniziale, il governo Biden sembra essere con la coscienza a posto. Il dipartimento sostiene che la costruzione di solamente tre siti di trivellazione potrebbero aiutare alla salvaguardia degli habitat naturali e alla sopravvivenza degli orsi polari e i limoni dal becco giallo, autoctoni del north Slope dell’Alaska. Questo progetto non è però in netto contrasto con le premesse iniziali di combattere il cambiamento climatico della campagna elettorale di Biden?

I siti di trivellazione e le centrali elettriche alimentate a carbone non faranno altro che alimentare un mondo già in fiamme.

 

Gli attivisti verdi non sembrano essere dello stesso avviso dell’amministrazione Biden.

Si pensi solo alle malattie, alle case perse, alle condizioni delle tribù.

Si stima che il progetto potrebbe attaccare il villaggio nativo di Nuiqsut, un villaggio Inupiay di 400 persone già circondato dallo sviluppo dell’estrazione dei combustibili fossili. La loro popolazione contrae cancro ed infezioni respiratorie per via dell’inquinamento al quale sono esposti.

 

Le proteste fisiche di Greenpeace, sono diventate col passare dei giorni un vero e proprio trend sui social media, nominandone alcuni: twitter e tiktok, per cercare di sensibilizzare i giovani e per “impietosire” Biden, esortandolo a rifiutare.

sul dibattito ha accumulato centinaia di migliaia di visualizzazioni, ed un milione di lettere sono state recapitate alla casa Bianca per dissuadere il presidente.

Su Change.org una petizione, ancora aperta, vanta 6 milioni di firme, e sta per entrare nel primato delle petizioni più firmate al mondo, pari al quelle per movimenti quali il Black Lives Matter.

 

Nulla è ancora certo: Biden ha ancora tempo per cambiare idea prima che il progetto venga inevitabilmente iniziato. Il nostro mondo è in mano a sole poche persone, che noi speriamo possano prendere le giuste decisioni, per non accelerare l’andamento dell’orologio della Terra.

 

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