Giovani in fuga

La fuga dei cervelli è il fenomeno che sta preoccupando l’Italia: Sempre

più studiosi lasciano l'Italia in cerca di un futuro migliore, i dati

preoccupanti
 

La globalizzazione ha portato una forte mobilità anche tra i giovani studiosi dell’Italia. Spinti dal bisogno di migliorare il proprio stile di vita e raggiungere i propri obiettivi, cercano all'estero ruoli all’interno della società adatti alle loro competenze. Questo fenomeno è incrementato dalla carenza di offerte di lavoro, sussidi materiali e incentivi economici. Dati recentemente elaborati dall'Istat dimostrano che i tassi della “fuga di cervelli” sono maggiori tra i laureati, infatti, in dieci anni, 239mila giovani hanno deciso di trascorrere la propria vita altrove. Nonostante la rassicurazione del fatto che 500mila stranieri che decidono di

trasferirsi in italia, quest’ultima risulta essere tra i primi aventi un saldo negativo: si parla comunque di generazioni perdute.


È quindi necessario che lo stato italiano e le istituzioni, inizino a lavorare per far sì che questo fenomeno diminuisca. Come dimostrano i dati, investire principalmente sull’istruzione dei giovani e agevolazioni fiscali (che sembrano non funzionare) non basta. Queste ultime, ad esempio, prevedono sgravi fiscali per chi possiede una laurea universitaria e trasferisce la propria residenza in Italia dopo almeno due anni di lavoro/ricerca all’estero. Eppure, essi sono efficaci principalmente per dipendenti e professionisti (chiamati "lavoratori impatriati") e non per docenti e ricercatori, ovvero le fasce più colpite. Per di più si stima che lo stato italiano stia perdendo circa 14miliardi di euro all’anno a causa delle fughe e dei costi sostenuti per l’istruzione.

Un altro tra i problemi maggiormente evidenziati dai giovani riguarda il bisogno di un salario adeguato per l’impiego svolto e al costo della vita, che è in costante aumento nella penisola.

Infatti, tra i paesi dell’Unione Europea il salario medio annuo per un ricercatore italiano corrisponde a circa la metà di quelli esteri.

L’italia dovrebbe abbandonare le ostilità nei confronti del cambiamento, comprendere l’importanza di investire sull’innovazione del lavoro e stare al passo con le novità proposte dagli altri stati (che spingono poi i giovani a trasferirsi), così che venga favorito il rientro dei "cervelli" ed il miglioramento del benessere del paese.

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